Il 30 ottobre 1980 al Théàtre du Gymnase di Parigi, verso le tre del pomeriggio, si tiene una “matinée” molto particolare. Sul palco, seduto a quel tipo di tavolino tondo su cui di solito si appoggiano le lampade di fianco alle poltrone e che i francesi chiamano “guéridon”, c’è un personaggio che potremmo definire eccentrico. Indossa una salopette a righine blu, una camicia a scacchi gialli e neri, un foulard e calza dei mocassini gialli. È uno degli attori comici più famosi del paese e se qualcuno pensava di assistere a uno dei suoi famosi sketch, resterà presto deluso. L’uomo sul palco non è lì per farli ridere, infatti non ha il naso colorato di rosso, suo segno distintivo in ogni spettacolo, quindi è praticamente in abiti civili. È lì per ufficializzare la sua candidatura alle elezioni presidenziali che si terranno nell’aprile del 1981.
«Il pubblico mi ha conferito questa posizione da vedette, da rivelatore della stupidità umana e se non ne approfitto, prima di ritirarmi definitivamente sulla mia isola, per mettere in ridicolo questa sinistra campagna elettorale, mi sentirei un vero stronzo. Ho deciso di seminare merda. Mi candido ufficialmente alle presidenziali dell’anno prossimo.
Mi appello ai fancazzisti, agli sozzoni e ai drogati, ai froci, alle femmine, agli scrocconi, ai giovani e ai vecchi, agli artisti, ai galeotti e ai secondini, agli apprendisti, ai neri, ai pedoni, agli arabi, ai ciclisti, ai francesi, ai malati di mente, ai travestiti, ai vecchi comunisti, agli astensionisti, insomma, a tutti coloro che non contano un cazzo per gli altri candidati, affinché votino per me e convincano gli altri a farlo. Tutti, insieme all’unico candidato che non ha ragione alcuna per mentirvi, ce li inculeremo.»
Se avesse tirato una granata in mezzo al pubblico l’effetto devastante sarebbe stato lo stesso. Era dai tempi di De Gaulle che una conferenza stampa di un candidato politico non aveva una simile risonanza.
Il giorno stesso Gerard Depardieu, Jean-Paul Belmondo, Renaud, annunciano il loro sostegno a questa candidatura. La banda di “Hara-Kiri” grida il proprio entusiasmo. Felix Guattari e Gilles Deleuze gli confermano il loro appoggio.
Nel giro di pochi giorni i sondaggi lo danno al 16%. Niente male come inizio di campagna elettorale.
Adesso però è necessario capire chi fosse questo tipo in salopette, perché altrimenti si corre il rischio, come ha fatto in totale malafede Carlo Freccero, di paragonarlo e confonderlo con Beppe Grillo. È vero, nel 1985 hanno recitato in un film insieme (Scemo di Guerra, di Dino Risi), e agli inizi del suo movimento il comico genovese gli si è ispirato, ma questo non li rende per niente simili, né paragonabili sono stati gli esiti delle loro diverse attività politiche. Quindi, sopporta per qualcuno dei prossimi capitoli questa digressione biografica. Ci tengo, e veramente tanto, a spiegarti chi era l’undicesimo candidato alle presidenziali francesi del 1981, che con sublime gioco di parole, si autodefinì: «le candidat nul».
I francesi hanno questa curiosa tradizione: la sera del ballottaggio per le elezioni presidenziali, su un canale nazionale (non chiedermi quale, non me lo ricordo, TF1, il primo canale per ascolti mi sembra che sia privato, quindi sarà stato su France2), va in onda un varietà condotto da una qualche celebrità dello spettacolo, che viene regolarmente interrotto dagli interventi dei candidati eliminati al primo turno, fino al momento topico in cui il candidato sconfitto al ballottaggio fa la sua allocuzione al paese, rivelando così, indirettamente e anticipatamente, ai suoi concittadini, chi sarà il loro prossimo presidente. Il presidente eletto terrà il suo discorso, dopo, a reti unificate.
Il 19 maggio 1974 il ruolo del candidato sconfitto toccò a François Mitterand. In attesa del suo intervento, che Mitterand tenne con estremo ritardo, l’attore/presentatore della serata Jean Claude Brialy, chiese a Coluche, un comico televisivamente sconosciuto, ma che da circa 6 anni mieteva successi al “Café de la Gare”, di interpretare il suo sketch più famoso: C’est l’histoire d’un mec. In questo pezzo di incredibile bravura Coluche decostruisce in modo esilarante la banalità delle barzellette e i meccanismi utilizzati da chi le racconta. Al di là del raffinato cinismo di mandare questo sketch prima del discorso del grande sconfitto alle presidenziali di quell’anno, il numero di Coluche sarà un successo di ascolti epocale.
«Allora, c’è questo tipo… la sapete già? No? Si? No, perché ce n’è tante di storielle su questo tipo.. ma c’è anche un sacco di tipi. Insomma, la sapete già oppure no? Ditemelo, perché a raccontare barzellette a chi le sa già, sembri un po’ un coglione. Allora, insomma… c’è questo tipo… sì, perché ce ne sono tanti di tipi, ma questo è un tipo esemplare, perché dipende dai tipi… sì, ce n’è tanti di tipi… vabbè, allora, c’è questo tipo… ecco sì, c’è questo tipo ma non è un tipo normale… mica è bianco… perché lo sai no? Che nelle barzellette ci sono due tipi ti tipo… sì, c’è il tipo come… sì, insomma, come me, ecco sì, il tipo normale… e poi c’è il tipo negr… no, non si può dire, allora lo chiamiamo il tipo strano, che tipo… però anche se è strano, voglio dire, mica è ebreo… eggià, perché ci sono storielle, quel tipo di barzellette… dài, devi ammetterlo, sono più divertenti quando c’è un ebreo… se non c’è un ebreo fanno ridere un po’ di meno. Poi ci sono quelle barzellette… quelle più divertenti ancora, quelle sui belgi… ecco, quelle ti fanno ridere un sacco se sei uno svizzero… o forse era il contrario… c’è uno svizzero e ridi un sacco se sei un belga. Perché i belgi e gli svizzeri sono gli unici a credersi diversi, ma si sbagliano. Colpa della distanza che li separa che, ma forse esagero, non è molto grande. Comunque, metti di incontrare un vero coglione in Svizzera, è di sicuro un belga. Che poi, voglio dire, non c’era bisogno di farne due paesi, se la cavavano con uno. Comunque gli svizzeri io li prendo in giro, perché mica voglio discutere con gli altri, io… lo sai, no?, che in Francia ci sono più razzisti che stranieri… voglio dire, se devo discutere con qualcuno, scelgo i meno numerosi, gli svizzeri. Che poi che me ne frega a me? Io mica sono né belga, né svizzero né ebreo… io sono normale.
Comunque, non era un negro… prima di tutto perché non c’è nessuna ragione perché siano sempre gli stessi a starci, nelle storielle, poi se era un negro, era troppo facile dài… mettiamo che ci sia… boh, tipo un negro… d’altra parte li chiamiamo così apposta… beh, perché gli guardiamo le mani… ecco, vedi… però non i palmi… ecco… dicevamo? Ah, sì, c’è uno svizzero…
Allora, c’è questo tipo… sul ponte dell’Alma che sta guardando giù, nell’acqua, il tipo… mica scemo, questo tipo!!! Sì, perché è proprio vero, io ci sono andato ed è vero… ci sono dei tipi che passano le giornate sul ponte e guardano nell’acqua, i tipi… poi ci sono dei tipi che lo attraversano il ponte, e se non ci fosse l’acqua lo attraverserebbero lo stesso, e questo è strano… perché di solito attraversiamo i ponti perché sotto c’è l’acqua. Senza quella, ammettilo, non ci servirebbero i ponti e sarebbe inutile questa digressione e la gente direbbe: scusa, ma dove stai andando a parare?
Sto cercando di farla durare mezz’ora, perché di solito questa storiella dura di meno, la faccio più breve, ma adesso devo tirarla mezz’ora, perché tra mezz’ora arriva un altro tipo… e cosa vede questo tipo? Vede un tipo che sta lì e guarda nell’acqua… allora il tipo… aspetta, l’altro tipo, perché adesso ce n’è due, di tipi… insomma, prenditi degli appunti perché non te lo ripeto… allora il tipo si avvicina e dice al tipo: scusa, ma che fai? Perché guardi nell’acqua? E il tipo gli risponde… allo svizzero… “eh, sono disperato, perché mi sono caduti gli occhiali nella Loira”… ma il ponte dell’Alma è sulla Senna, ecco, se non sai questa cosa non capisci il gioco… che siamo sulla Senna e invece il tipo risponde che gli sono caduti gli occhiali nella Loira… comunque non è che tutti gli svizzeri sono scemi, anche i belgi non scherzano… comunque, l’altro tipo gli ribatte: “ma mica è la Loira quella, è la Senna…” divertente, vero? Però mica è finita così. Quando il tipo gli spiega che quella è la Senna e non la Loira, l’altro tipo gli risponde: “eh, senza occhiali mica la riconoscevo.”
Fa ridere, vero?»
Da questo momento, cominciava per Michel Gerard Joseph Colucci, in arte Coluche, un’infilata di successi che lo avrebbero portato alla fama internazionale. Ed è proprio in questo momento che cadono i semi della candidatura presidenziale che maturerà fra sei anni,
Non fa un cazzo da anni, ma è invecchiato lo stesso. Vive a Milano, e non potrebbe farlo in nessun’altra città italiana. Legge e parla di fumetti dal 1972 (anno in cui ancora non sapeva leggere). Ha una cattiva reputazione, ma non per merito suo. Ama e praticava la boxe, poi si è rotto. Beve tanto in compagnia di gente poco raccomandabile, tipo Paolo con il quale – per colpa di una di quelle bevute – si è ritrovato a curare QUASI.