di Marco Di Salvo
Chissà come se la ride Frank? Chiuso nel suo appartamento newyorkese a vedere le sue orribili profezie realizzarsi, in questi giorni, in giro per gli States.
Pensateci un po’. Alla fine degli anni Ottanta, ebbro di gloria per i successi nel ridefinire il senso della vita di due serie a fumetti, in qualche modo parallele, come Daredevil e Batman, l’allora enfant prodige Miller si lancia in un’opera in qualche modo deviante rispetto al suo percorso autoriale. Forse vuole rispondere ad Alan Moore e alla sua doppietta V for Vendetta / Watchmen (di qui probabilmente la scelta di Dave Gibbons come disegnatore e il gioco degli inserti narrativi e giornalistici dentro il fumetto); forse vuole solo saggiare, fino in fondo, l’indipendenza di scrittura concessa da Dark Horse (e vedere quanto può spingersi oltre The Dark Knight Returns). Sta di fatto che, prima di ridisegnare il noir per lo stesso editore, si diverte nel raccontare la storia di Martha Washington e dei suoi devastanti Stati Uniti del futuro prossimo venturo. È il 1989 quando Miller inizia a scrivere Give Me Liberty (con un sottotitolo perfetto: An American Dream); il 1990 quando viene pubblicato (la prima edizione italiana è della fine dell’anno successivo, grazie al mai troppo onorato Luigi Bernardi e alla sua Granata Press).
Quel fumetto anticipa, forse prevede, i riot di Los Angeles del Rodney King Uprising che avverranno due anni dopo, e questo è già abbastanza strano. Ma la cosa straordinaria di Give Me Liberty è il fatto che lo scenario in cui si agita il romanzo di formazione scritto da Miller sembra parlare dei giorni odierni e, temiamo, di quelli che ci aspettano.
Bastano le prime due pagine del primo volumetto per immergerci in quello che, all’inizio degli anni Novanta, era un futuro distopico e che, oggi, sembra la cronaca dei canali allnews statunitensi. Due pagine straordinarie per come riescono a catturare il lettore e precipitarlo nella vicenda umana e politica della protagonista. Nella prima miniserie Miller ci dà dentro come un matto e approfondisce, scandagliandolo ulteriormente rispetto al già devastante The Dark Night Returns, il suo rapporto con il potere statuale (che no, non è buono). C’è tutto: il presidente autocrate nemico dei media più volte rieletto contro costituzione (te piacerebbe, Donald…), gli infermieri in maschera che impongono cure di stato alle minoranze oppresse (do you remember Covid?) e tanto altro ancora (che non anticipo per non togliere il piacere della lettura). Ma tutto questo è lo sfondo di una storia di formazione maestosa che, c’è da dire, nella parti successive perde un po’ di smalto (come tutta l’opera di Miller quando si dà alle repliche…).
Un fumetto da rileggere (o da leggere per la prima volta) perché nelle riprese televisive dei riot odierni mi è parso di vedere il papà di Martha Washington nei pressi di Cabrini Green, protestare e ricevere il trattamento di cui abbiamo già letto nel fumetto. E la foto dei soldati sul Lincoln Memorial mi ha rimandato ad altre pagine di Give Me Liberty, non meno terrificanti. Per cui se avete voglia e tempo, buona caccia a Martha, non ve ne pentirete…