Giugno 1977. Il campionato di calcio si è da poco concluso con il diciassettesimo scudetto per la Juventus. Esiste ancora la DC e il Presidente del Consiglio è Giulio Andreotti. Esistono ancora pure le cabine telefoniche. Le usi coi gettoni appositi, oppure con le monete (ah, of course: c’è ancora la lira, chiaro) e telefoni dopo le 21:00 perché costa meno. Di tutte queste cose, correggimi se sbaglio, conosci solo la Juventus. E di tutte queste cose, temo, potrei riuscire a spiegarti solo cosa fosse una cabina telefonica.
Ti parlo di giorni in cui pagavi un caffè 100 lire. E spendevi 350 lire per un fumetto.
Magari questo …
Al di là delle varie incursioni di altri scrittori/disegnatori nel corso degli anni, il personaggio è legato nella memoria dei lettori come “figlio” della coppia di questo primo numero, Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo. Il primo sarà autore dei testi dell’intera serie, anche se alcune sceneggiature saranno firmate assieme ad altri. Ai disegni vedremo alternarsi diversi artisti, che in seguito si distingueranno e arriveranno alla notorietà, in Bonelli e altrove. Ma la maggior parte degli episodi sarà comunque realizzata da Milazzo, che firma anche tutte le copertine, in acquerello e realizzate proseguendo sulla quarta. Copertine bellissime che negli anni Novanta furono raccolte in un volume apposito che le valorizzava nel formato aperto e orizzontale (Avventure in acquerello, 1993, Parker Editore).
La vita di Ken Parker si è originariamente snodata per 59 episodi della prima serie (Editoriale Cepim, una delle incarnazioni di Sergio Bonelli Editore), da Lungo Fucile nel giugno 1977 a I ragazzi di Donovan nel giugno 1984.
Dopo l’interruzione, Ken Parker è stato protagonista di alcuni episodi (Un principe per Norma, Dove muoiono i Titani, Un alito di ghiaccio, Il respiro e il sogno), pubblicati su riviste antologiche (“Orient Express”, “Comic Art”), e poi è tornato a essere il titolare di testata di una nuova iniziativa editoriale mensile (“Ken Parker Magazine”, 36 numeri dal giugno 1992 al gennaio 1996).
Successivamente, sono usciti altri albi con periodicità assai più lasca, fino a Faccia di rame (gennaio 1998) che rappresentava (e per certi versi rappresenta tuttora: te ne parlerò, ma MOLTO più avanti) una sorta di conclusione.
Oggetto di diversi tentativi di ristampe (“KP Raccolta”, “KP serie oro”, “KP serie oro raccolta”, nessuna completa), con “Ken Parker Collection” (Panini Comics, 42 volumi, più altri 3 che presentano storie di altri personaggi, ma sempre realizzate da Berardi e Milazzo) ha avuto una ristampa finalmente integrale, fino al già citato Faccia di Rame. Nell’ultima iniziativa di Mondadori Comics (50 volumi, fino all’aprile 2015) la serie ha trovato una nuova ristampa e la propria conclusione, con l’inedito Fin dove arriva il mattino.
Insomma, il rapporto fra Ken Parker e le edicole, l’avrai capito, non fu di amore a prima vista. “Lungo Fucile” faticò a conquistarsi una propria fascia di pubblico e, nonostante l’alta qualità, la serie finì a singhiozzo in un limbo editoriale per diventare fenomeno di nicchia, amatissima da una ristretta schiera di fans. Forse il suo tallone d’Achille fu proprio l’essere un fumetto western, con la sostanziale ripetitività dei temi tipici del genere, già all’epoca proposti in tutte le salse: gli attacchi degli o agli indiani, le rapine alle banche, i ladri di bestiame, eccetera. Proprio per questo, constatando l’esaurimento di “novità presentabili”, gli autori scelsero di variare il punto di vista con cui queste situazioni venivano affrontate. Di questo parleremo meglio andando avanti, vedrai… Così come vedrai che l’espressività della serie si distinguerà pure per soluzioni grafiche innovative. Tavole dinamiche con attento e costante uso di vignette scontornate, uso di zoom e inquadrature quasi cinematografiche, con dissolvenze, soggettive, dettagli che si alternano a campi lunghi, e soprattutto una grande attenzione all’espressività dei volti.
Segno distintivo di Ken Parker furono comunque le tematiche affrontate: dal razzismo allo sfruttamento degli operai, dalla condizione femminile di fine Ottocento allo smarrimento dell’uomo comune di fronte ai cambiamenti epocali che andavano delineandosi, fino ad aspetti più intimisti, con incursioni nel teatro e nella letteratura. Argomenti tutti inseriti con abilità e coerenza nello scenario western classico. Il “selvaggio ovest americano” nelle vicende di Lungo Fucile è soprattutto uno sfondo, dipinto in maniera dettagliata e senza concessioni alla retorica o alla manichea divisione fra buoni e cattivi. E il protagonista non è il classico eroe senza macchia e senza paura, né un duro hollywoodiano, anzi: ama leggere e lo vedrai destreggiarsi fra i versi di Walt Whitman, l’Amleto e Il Capitale.
In questa serie di articoli troverai una rilettura della lunga cavalcata di Lungo Fucile. E magari la spiegazione di chi fosse Andreotti o cosa fosse una cabina telefonica. A un certo punto, ne sono sicuro, comincerai a chiederti (forse lo fai già ora) che senso abbia questo racconto, che senso abbia raccontarti la vita di un personaggio, seppure contestualizzata criticamente. Non sarebbe meglio dirti di leggerla, ‘sta benedetta serie?
In parte sì. E “leggiti quelle storie” è consiglio sincero e appassionato.
Il punto è che, per me, il mio è il racconto di come il mio sguardo si è posato su una vita, immaginaria, certo, e ne è uscito mutato. E raccontarlo è forse inutile per te, ma terapeutico per me… Che sono cambiato mentre leggevo, trovando un personaggio che, come me, mutava. Cambiava città, lavoro, amici, invecchiava, sposava una donna indiana, poi uccisa durante un’incursione di soldati americani, e ne adottava il figlio avuto da un precedente compagno…
Insomma, seguimi ancora, se fino a qui ti ho interessato. Mi impegnerò affinché tutto diventi meno fumoso. E se nel frattempo mi abbandonerai per cercarti quelle vecchie storie, credimi, in fondo sarò comunque soddisfatto.
[Consiglio una visita al blog per collezionisti di “Ken Parker”: http://lunfucile.blogspot.com/]
Vive una crisi di mezza età da quando era adolescente. Ora è giustificato. Ha letto un bel po’ di fumetti, meno di quanto sembra e meno di quanto vorrebbe. Ne ha pure scritti diversi, da Piazza Fontana a John Belushi passando per Carlo Giuliani (tutti per BeccoGiallo) e altri brevi, specie per il settimanale “La Lettura”. Dice sempre che scrive perché è l’unica cosa che sa fare decentemente. Gli altri pensano sia una battuta, ma lui è serio quando lo dice.