Quando leggerete queste righe, il casus belli di quest’articolo sarà una notizia bella che morta stecchita, lasciata lì a raffreddare nel flusso costante delle notizie che giungono dalla rete. Poco importa. Ciò che conta è una serie di riflessioni che ha scatenato in chi scrive riguardo a un fumettista che fu grande e alla crescente consapevolezza dei lettori ma non solo.
La pietra dello scandalo è la decisione degli organizzatori del Thought Bubble Festival, un importante evento inglese dedicato ai fumetti, di ritirare l’invito fatto a Frank Miller a partecipare come ospite. La motivazione sarebbe la protesta dell’autrice musulmana, direttrice della casa editrice ShortBox, Zanaib Akhtar, che per prima si era rifiutata di prendere parte a un evento che aveva in programma la presenza di un autore che, secondo Akhtar, avrebbe contribuito a diffondere idee islamofobe con il suo fumetto Holy Terror. La protesta dell’autrice, a cui si sono uniti altri espositori, ha scatenato una ciclopica shitstorm sul festival, i cui organizzatori hanno dovuto prendere una decisione certamente difficile.
Ora, se è vero che la notizia ha avuto vita relativamente breve, e in questo momento non se ne parla già più, gli spunti che offre hanno le gambe e possono camminare un pochino oltre l’immediato.
Faccio una doverosa premessa: non una sola parola di quanto sto per dire vuol essere un attacco all’individuo né vuole negare il dovuto rispetto a un uomo che ha affrontato problemi di salute e vicende personali davvero pesanti.
Anzitutto, sì, Frank Miller ha espresso posizioni islamofobe e conservatrici, in alcuni frangenti sconfinando nel becero. Nelle pagine di Holy Terror, che racconta di un supereroe ispirato a Batman che combatte contro i terroristi islamici, ma anche nel suo blog, frankmillerink.com. In alcuni vecchi post ormai cancellati ci è andato giù pesante con i contestatori di Occupy; il pensiero più tenero che ha espresso nei loro confronti è stato «Se volete fare il bene del vostro paese smettete di protestare e arruolatevi, fighetti». Ci ha persino scherzato su, pubblicando una vignetta intitolata Krypto Fascist, una caricatura del cane di Superman con la svastica al braccio. Vero è che su diverse posizioni Miller ha poi ritrattato. Di Holy Terror dice che può letteralmente sentire la rabbia irradiarsi dalle pagine, ma che non sarebbe più capace di realizzare un libro del genere, mentre dalle sue dichiarazioni su Occupy, soprattutto dagli insulti, prende le distanze affermando che all’epoca dei fatti non era in grado di pensare lucidamente, fatto tra l’altro plausibile visto che all’epoca non se la passava benone. Non di meno, Frank Miller è passato negli anni da posizioni anarco individualiste tendenti a destra a un conservatorismo più netto. Piaccia o meno. Le idee di chi scrive sono lontane anni luce, ma i lettori sono liberi di condividerle se lo ritengono opportuno. In ogni caso, al netto dei ripensamenti l’autore quelle posizioni le ha prese, e ciò può avere conseguenze anche a distanza di anni.
Come autore, Miller è bollito. Cotto. Al capolinea. Non imbrocca un fumetto da oltre vent’anni. Già 300, visivamente splendido, a livello di scrittura è un pastone di retorica stucchevole. Parliamo del 1998, per chi si chiedesse da quando ha cominciato a perdere colpi. Poi, attenzione, nessuno nega che sia stato un gigante. Ha rivoluzionato il fumetto forse anche più di un genio come Alan Moore, perché Frank Miller è un artista completo, sceneggiatore E disegnatore, pensa il fumetto in modo totale rispetto a chi i fumetti li scrive soltanto. Miller ha scritto la Storia, ma questo è il passato. Lavori come DK2 e All Star Batman and Robin si portano dietro un cartello luminoso con “declino” scritto a caratteri cubitali. Come artista Frank Miller è l’ombra di sé stesso e ciò, unito alle sue posizioni difficili da digerire, gli ha causato un’emorragia tremenda di star power.
Ciò non significa che Miller è bollito per via delle sue idee. Non sono le sue prese di posizione a segnare il suo declino artistico. Parliamo di due aspetti separati della stessa persona che possono intrecciarsi, e lo fanno, ma restano indipendenti. Tuttavia, la combo dei due fattori non è salutare per l’immagine di un autore di fumetti al giorno d’oggi. E questo ci porta alla seconda parte delle riflessioni espresse in questo pezzo.
Il pubblico, oggi, è sempre più consapevole di sé stesso e della propria composizione. Il target degli editori di fumetti non è più il maschio bianco etero. Chi legge fumetti, ma più in generale chi consuma prodotti d’intrattenimento di ogni genere, appartiene a diverse etnie, ha diversi orientamenti sessuali e diverse identità di genere. E, rispetto al passato, desidera storie e personaggi in cui identificarsi e che, soprattutto, non lo offendano. Il pubblico oggi non ha problemi a esercitare uno dei pochi diritti per ora indiscutibili garantiti dal libero mercato: quello di non consumare. Nessuno oggi è tenuto a pagare per sentirsi ignorato oppure offeso per via del colore della propria pelle o dei propri gusti sessuali. L’industria dell’intrattenimento ne è consapevole e, in nome del dio fatturato (di nuovo, piaccia o meno), si adegua, e cerca di non perdere fette significative di un pubblico che ha tutta l’intenzione di esercitare i propri diritti e farsi rispettare. Lo stesso dicasi di Zanaib Akhtar, che non ha impedito a Miller di partecipare al festival, non lo ha preso a testate. Ha deciso di fare un passo indietro, com’era suo diritto. E, come le case editrici, l’organizzazione di Thought Bubble Festival s’è fatta un po’ di conti e, fra l’attrattiva di Frank Miller e contenere per quanto possibile la shitstorm, ha scelto la seconda.
E qui solitamente parte la lagna di chi «eh, ma non si può più dire niente». Proprio così, non si può più dire niente. Perché qualcuno s’era abituato male, a poter sfottere, offendere e umiliare le minoranze di ogni tipo. Ora le minoranze rispondono. Sono stufe, e non lo mandano a dire. Te lo fanno notare, perché il maschio bianco etero (come chi scrive, per la cronaca) non è più il centro del mondo e non può più dire e fare il cazzo che vuole. O meglio può, ma non deve frignare se lo criticano o se lo isolano. Essere liberi di esprimere pubblicamente una posizione non vuol dire poterlo fare senza nessuna conseguenza. Dì quel che ti pare, ma poi parlo pure io. E non compro i tuoi fumetti, se mi dai più o meno velatamente dello stronzo.
Forse non è corretto definire Frank Miller una vittima di questo enorme casino, ma di certo come uomo sta pagando, e con gli interessi, posizioni certamente espresse in periodi complessi della sua vita, pieni di sofferenza, ma non per questo semplici da digerire. Pensieri espressi nella fase calante della sua parabola artistica, quando tutti fanno a gara, a ragione o a torto, ad affondare il colpo per prendersi un pezzetto di te, in un momento storico in cui devi stare attento a come parli, perché ogni parola è detta a mezzo stampa e la rete, quando vuole, non dimentica.
Stefano Tevini e l’Onorevole Beniamino Malacarne sono un reboot del classico Dottor Jekyll e Mister Hyde ma, invece di seguire il trend contemporaneo dell’inclusività, deviano dal canone nel fatto di essere ambedue dei fetenti. Nati entrambi nel 1981, uno è una specie di scrittore (romanzi, fumetti, articoli, quella roba lì), l’altro è un lottatore di wrestling. Tevini ti parlerà di fumetti, fantastico e simili, Malacarne di Wrestling (oltre a occuparsi della gestione operativa dei reclami e soprattutto di chi li esprime).
23 risposte su “Quite Frankly, Mille(r) e non più mille(r)”
Julien Gracq
” come uomo sta pagando, e con gli interessi, posizioni certamente espresse in periodi complessi della sua vita, pieni di sofferenza, ma non per questo semplici da digerire. ”
Quando era malato nessuno gli ha impedito di esprimersi, non indoriamo eccessivamente la pillola.
Anarco-individualismo tendente a destra è una supercazzola o è la versione più paracula del “anarco conservatore” (sic) di Montanelliana memoria?
Stefano Tevini
1 – E chi starebbe indorando la pillola? Certo che nessuno gli ha impedito di esprimersi, e infatti quel che ha detto ha intaccato la sua immagine. Non di meno, se si vuol capire la realtà si contestualizza, e nel contesto per lui era un periodo di merda. Il che non cancella del tutto le posizioni espresse, ma le mette in prospettiva.
2 – Perché paracula? Esattamente cosa c’è di scorretto nella definizione? Anarchico e individualista lo era, e tendeva pure a destra. Conservatore lo troverei non troppo calzante, per il Miller dei tempi d’oro. Adesso magari come definizione gli si addice di più.
Julien Gracq
É lei che sta indorando la pillola, stiamo parlando di un adulto in una posizione di potere, che ha deciso di esprimersi e in ritardissimo ne sta raccogliendo le conseguenze
C’è chi trova eccitante, in regime di “repressione tollerante”, passarsi per anarchico, naturalmente senza esserlo e senza “farlo” veramente. “Contro-corrente” quasi come la droga. Non c’è nulla di anarchico in Miller, semmai è paraculo aristocratico che ha sempre giocato a fare l’alternativo da cortile (Montanelli, Recchioni e recentemente anche Buffon)
Paolo Interdonato
Julien, l’anarchismo è un mondo articolato e accogliente, capace di ospitare quasi tutto. L’anarcocapitalismo è una realtà, così come l’anarcocristianesimo. L’individuo assoluto di Julius Evola origina da L’Unico di Max Stirner.
Cosa è un anarchico? Cosa fa?
Può bere champagne? Essere ricco? Mettere una bomba? Masturbarsi?
Può un anarchico essere omofobo? E misogino? Stronzo?
Chi definisce con precisione l’ambito in cui può muoversi uno che decide di aderire alla non appartenenza?
Julien Gracq
Mi sembra di capire che per voi anarchico e qualunquista sono sinonimi, povero Renzo Novatore, ho sopravvalutato la qualità di questa rivista
Paolo Interdonato
Julien, parlo proprio a lei, benché si mascheri dietro pseudonimo e faccia affermazioni apodittiche. Non generalizzo annettendola a un generico gruppo di nemici (“voi”), come nella fantascienza statunitense anni Cinquanta. Se ha inteso che quello che ho scritto significasse “anarchico e qualunquista sono sinonimi”, ci sono solo due possibilità: 1. ho scritto molto male ciò che intendevo; 2. lei non ha alcuna volontà di ascolto.
Boris Battaglia
Julien, prima di invischiarmi in una discussione sulla liceità o meno di una definizione quale “anarcoindividualista tendente a destra”, mi piacerebbe conoscere una cosa: il motivo per cui hai scelto come pseudonimo quello di Gracq. Perché comunista? Il che spiegherebbe la tua ortodossia semantica ma non il tuo apprezzamento per il Novatore. Perché surrealista? Questo però dovrebbe portarti ad apprezzare una definizione inventata, ma piena di possibilità, come anarcoqualunquismo. Perché professorino? Questo spiegherebbe perché scassi la minchia con tale puntigliosità in un luogo irrilevante come la sezione commenti di una rivista che non legge nessuno. Dimmi. Una volta capito questo cominciamo a parlare d’anarchia e, va conseguentemente da sè, di amore.
Julien Gracq
Siete anarchici come le guardie delle carceri: Potete fare quello che volete, senza conseguenze (o Quasi)
Paolo Interdonato
Il fatto che QUASI sia gratis, caro il mio anonimo, non ti autorizza a non prestare attenzione a quello che dici e alle affermazioni che fai. Riesci a dire sciocchezze disinformate anche quando tenti il moto di irrisione. Per esempio, io non sono anarchico. Non ho neppure quell’appartenenza.
Stefano Tevini
Neppure io sono anarchico, e non sto indorando nessuna pillola. Miller stava davvero di merda quando ha fatto certe affermazioni. E comunque nessuno dice “poverino”, se qualcuno ha letto una difesa nei suoi confronti in questo articolo ha letto male. Tuttavia, la contestualizzazione di ogni ragionamento è doverosa, e prendere le affermazioni più becere di Miller, fatte in un periodo particolare della sua vita, e farle corrispondere a Miller sempre e comunque è semplicemente falso. Se si parla di qualità di una rivista, e di giustizia in generale, la falsità è la condizione basilare per togliere validità a tutto. Detto questo, Miller anarchico lo era, individualista lo era e di destra pure. Aveva una fondamentale sfiducia nello stato e credeva nella conservazione di un ordine naturale, chiamiamolo pre politico, che va messa in atto con o senza la collaborazione dello Stato. Giusto o sbagliato poco importa, il Miller delle opere che lo hanno consacrato credeva in questo. Poi si è attestato su posizione più o meno di conservatorismo di stampo repubblicano, più o meno marcatamente di destra. Questo è. Idee lontane anni luce dalle mie, ma se mi si vuol veder scrivere “Miller è uno stronzo e godo di questa vicenda”, si vada a cercare una rivista di ben altra qualità. Superiore o inferiore a vostro giudizio, per quanto me ne importa.
Julien Gracq
Trevini mi rispondi dicendo ” la contestualizzazione di ogni ragionamento è doverosa” esatto, il contesto è quello di essere d’accordo con quella che si chiamava “guerra al terrorismo” scelta da Bush, non proprio un lettore di Stirner.
“Aveva una fondamentale sfiducia nello stato e credeva nella conservazione di un ordine naturale, chiamiamolo pre politico” Ordine naturale? Sfiducia nello stato? Uno che seguiva i diktat razzisti della lotta contro il cosiddetto “asse del Male(sic)”, C’è una s di troppo, non gli dispiaceva leccare gli stivali al potere, da sempre, comunque mi va di riportare una frase di Bakunin: “La nostra missione è distruggere, non edificare. La passione per la distruzione è una passione creativa”(paradossalmente riescono ad essere più anarchici gli stessi terroristi che odia tanto e aggiungo: è falso omettere perchè li odiasse, non è stupido)
Stefano Tevini
A me pare un concetto tanto semplice, quello di variazione nel tempo, ma voglio mettermi in gioco ammettendo che forse mi sono spiegato male io.
PRIMA era un anarchico individualista di destra
POI le sue posizioni sono virate su quella destra repubblicana becerissima
IN QUEL PERIODO aveva svariati problemi e per sua stessa ammissione non c’era proprio tutto tutto con la testa
POI ha mitigato e in parte ritrattato dette posizioni.
Così è più chiaro?
(E poi, che stivali leccava visto che cercava di farsela con Hollywood che, notoriamente, un ambiente repubblicano non è?)
Julien Gracq
A questo punto ci tengo ad aggiungere una citazione di Miller su Occupy che hai ben pensato di omettere dall’articolo, così tagliamo la testa al toro: “Occupy è costituito da un gruppo di saccheggiatori, ladri e stupratori, una folla indisciplinata nutrita dalla nostalgia per l’era di Woodstock e da un senso di giustizia putrido e falso. Questi clown non fanno altro che danneggiare l’America. Invoco l’intervento dell’esercito contro questo tentativo di anarchia”.
Stefano Tevini
Cito testualmente il mio articolo: “, ma anche nel suo blog, frankmillerink.com. In alcuni vecchi post ormai cancellati ci è andato giù pesante con i contestatori di Occupy; il pensiero più tenero che ha espresso nei loro confronti è stato «Se volete fare il bene del vostro paese smettete di protestare e arruolatevi, fighetti». Ci ha persino scherzato su, pubblicando una vignetta intitolata Krypto Fascist, una caricatura del cane di Superman con la svastica al braccio.”
Tu esattamente quale articolo hai letto?
Paolo Interdonato
Stefano, Julien è un heckler. Un povero di spirito che si realizza nel dare fastidio e turbare lo spettacolo. George Carlin ci ha spiegato che il solo modo di gestire quelli come lui è coprirli di insulti fino a quando non escono dal locale. Come se non bastasse, Julien è un heckler stupido perché fa casino nei commenti di un articolo (che forse è l’unica cosa che ha cercato di leggere nell’ultimo anno e non bisogna troppo biasimarlo se ha problemi nella comprensione dei testi). E’ un po’ come se per recensire male un ristorante facesse a pezzi la plastica del tappo della bottiglia di acqua naturale e la sparpagliasse sul tavolo.
Adesso mi ha seccato e lo accompagno all’uscio.
Stefano Tevini
E, volendo essere puntigliosi, Miller si esprime con il mito della frontiera. Scrive western.
Julien Gracq
Se sei puntiglioso poi Boris Battaglia si arrabbia, a parte questo, il mito della frontiera e quello che tu chiami “Ordine della natura” include l’essere d’accordo con la guerra criminale e imperalista dello Stato di cui lui, secondo te, era sfiduciato?
Boris Battaglia
Julien, sei uno spassoso paradosso. Vieni qui a darci dei secondini e ad accusarci di non rischiare conseguenze, quando sei tu quello che per non rischiarle insultandoci, ti nascondi dietro a Gracq. Dai.
Julien Gracq
Il problema è che continui a negare che io mi possa chiamare realmente così 🙂
Boris Battaglia
No Julien, non nego nulla. Ritengo anzi che ognuno sia chi dice di essere. Resta innegabile che tu, dicendo di essere uno pseudonimo altrui, quale realmente, per il fatto stesso di affermarlo, sei, ti metti in una zona di sicurezza. Non c’è nulla di male in questo, se no se ne accusasse gli altri.
Julien Gracq
Non ho scritto che siete dei secondini, ho detto che avete la stessa idea di libertà che potrebbe avere una guardia carceraria
Boris Battaglia
Pure peggio. Che uno può essere secondino perché non ha il coraggio di essere ladro e deve comunque fuggire la miseria. Tu invece sostieni che la nostra idea del mondo è quella di un secondino. Fai bene a usare uno pseudonimo.
Paolo Interdonato
Boris, lo so che hai spirito da pedagogo, ma non è che puoi chiacchierare proprio con tuttitutti. Alcuni proprio non ce la fanno. Mica per cattiveria. Piantala e andiamo a giocare.