Tette, jazz e travestiti: Round table con Howard Chaykin

Stefano Tevini | Para & Meta testi |

Howard Chaykin è un simpatico signore attempato che ha sganciato quelle due o tre bombette che hanno fatto la storia del fumetto americano. Opere come American Flagg!, Satellite Sam e, soprattutto, Black Kiss, un noir che shakera piombo, peperoncino e parolacce per poi servirli in un bicchiere tumbler (e non Tumblr, che questo non è un paese per bigotti…) con una fettina di lime e una pastiglia di viagra.

Saldapress ha da poco ripubblicato Black Kiss in un bel volumone per librerie e in un’edizione limitata che  andata letteralmente bruciata a pochi minuti dall’uscita. Per non farci mancare nulla, hanno calato il carico da undici con questa bella tavola rotonda con lo stesso Chaykin. Gli invitati, tra cui Paolo Interdonato e il sottoscritto (il perfido Onorevole Malacarne di “Squared Circle”), hanno potuto fargli domande e farsi cazziare in tutta risposta.

Il risultato sta qui sotto, quindi bando alle ciance.

D: Perché scegli sempre di essere il protagonista delle tue storie? Specialmente in Black Kiss il protagonista ti assomiglia molto.

Cazzate. Il protagonista è una versione ebrea di una combinazione fra William Holden, James Gardner e Henry Fonda. La somiglianza con me non è voluta, è una casualità. Quando l’ho disegnato assomigliava casualmente a me da vecchio, ma io sono vecchio adesso, molti anni dopo!

D: Tutti i personaggi in Black Kiss hanno due facce. La doppia faccia è una tematica portante della storia. Come l’hai affrontata?

Domanda molto interessante. Sono cresciuto con i fumetti mainstream americani in cui i protagonisti si trasformano assumendo spesso una seconda identità. La tematica della dualità mi è molto cara. Lo stesso protagonista di Black Kiss si chiama Cass Pollack, nome ispirato a Castore e Polluce. La dualità ha iniziato ad affascinarmi cinquanta anni fa quando ho iniziato a leggere fumetti, quindi è naturale che faccia parte delle mie opere.

D: Qual è stata la molla che ti ha fatto inserire tutto quel sesso nelle tue storie fino a farlo diventare una parte fondamentale di esse?

Negli anni Ottanta Marvel e DC si stavano coalizzando per creare un codice di autoregolamentazione. Mi sono sentito minacciato da quello che percepivo come un nuovo sistema di censura. In quel periodo, durante un incontro con l’editor della Vortex Comics, Bill Marks, venne fuori il progetto Black Kiss e ne parlammo a lungo. Non pensavo che sarebbe andato in porto, gli americani apprezzano il sesso nelle storie quando è suggerito, accennato, temevo che proponendolo in maniera tanto estrema avrei affossato il progetto, ma per fortuna è andata meglio di quanto avrei mai pensato. Il sesso in Black Kiss è una provocazione, è un elemento di ribellione allo stato del fumetto dell’epoca, e a un tentativo di censura ingiusta. 

D: Nella tua lunga carriera hai preferito lavorare su personaggi iconici della cultura pop – come quelli di Marvel, DC o Star Wars – oppure preferisci progetti personali con maggior libertà creativa?

Non mi sono mai voluto legare, a differenza di altri colleghi, a personaggi appartenenti alle major se non per periodi molto brevi. Le motivazioni erano di natura artistica, volevo esprimere qualcosa con un determinato personaggio, magari sovvertirne gli schemi, o di natura economica. Adorerei poter lavorare solo con i miei progetti per guadagnarmi da vivere ma purtroppo non è sempre possibile, e allora mi sono dovuto adattare. Oggi la ragione che mi spinge a fare fumetti è l’amore per i fumetti. Con questa motivazione ho lavorato a Black Kiss e sto lavorando ai miei progetti attuali.
Da lettore ho amato i personaggi a cui ho lavorato, ma quando li ho incontrati da addetto ai lavori la musica è cambiata per diverse ragioni.

D: Nel tuo fare fumetti si sente un ritmo musicale, sincopato che richiama il jazz. Le parolacce in particolar modo sembrano accenti, quasi una punteggiatura che ne scandisce il tempo. Fai musica? Ami il jazz?

Non sono un musicista, ma ho una collezione di oltre diecimila CD, buona parte dei quali sono jazz, dagli anni Venti agli anni Sessanta. Amo il jazz in ogni sua forma. Le parolacce hanno una funzione musicale, ma questa cosa si vede di più in un altro dei miei lavori, Time2.

D: Quali autori, non solo di fumetti, ti hanno influenzato rendendoti l’autore che sei oggi e quale influenza vorresti avere sui giovani autori che fanno fumetti adesso?

Il mio lavoro è influenzato da molti autori. In particolar modo fumettisti come Wally Wood, Alex Toth, Franco Saudelli, Vittorio Giardino che adoro, il musicista Frank Loesser, scrittori come James Ellroy e Robert Bloch. Potrei continuare per una giornata intera. Sono alla ricerca costante di nuovi stimoli.
Nei giovani che fanno fumetti adesso vorrei ispirare coraggio, viviamo in un’epoca codarda in cui gli autori hanno paura a esprimere le loro opinioni in pubblico per il timore di essere ostracizzati da destra o da sinistra. Io sono ostracizzato da ambedue, mi trovo nel mezzo e per conto mio possono andare tutti a farsi fottere. Vorrei un mondo in cui sei considerato popolare perché sei bravo, non bravo perché sei popolare.

D: Ogni storia per quanto di fantasia ha una componente biografica. Qual è la componente autobiografica in Black Kiss? Hai usato modelle o attrici famose come riferimento per i tuoi disegni?

Nell’estate del 1985, due mesi prima di trasferirmi in California, camminavo lungo Madison Avenue. Ho visto da lontano una donna con cui uscivo una decina d’anni prima. L’ho fermata per fare due chiacchiere, e ho scoperto che non era lei: si trattava di una transessuale che le somigliava moltissimo. Sono rimasto colpito dall’episodio e ho archiviato nella mia testa l’idea di “due gemelle identiche unite da un cazzo”, una delle idee di fondo di Black Kiss. Inoltre, il mio primo lavoro è stato per un’azienda che faceva accessori per travestiti, quindi sono stato per diverso tempo a contatto con la comunità. Ricordo poi una serata passata in un night club a New York con l’attrice Diana Rigg, tre travestiti e la mia ex moglie. Pensavo che la vita non sarebbe mai potuta andarmi meglio.
I modelli che ho usato per i miei disegni sono state Diana Dors, Memie Van Doren e un’amica di mia moglie, una trans che ha lavorato a lungo nel mondo dello spettacolo, ha recitato nel film Terzo Grado con Sidney Lumet e Nick Nolte.

D: Credi che il rischio di un ritorno a un clima di autocensura da parte degli editori di fumetti dettato dal politically correct, in particolar modo per non urtare la sensibilità di minoranze e LGBT, potrebbe portare a un nuovo Comics Code?

Non credo. Alle persone i fumetti non interessano più come un tempo. Tuttavia troppe persone oggi confondono la castità con la virtù, non vivono la sessualità liberamente e serenamente come in passato. In molti hanno bisogno, sempre di più, di attaccare i punti di vista divergenti dai loro per sentirsi migliori. Aborro questo atteggiamento e credo che porterà a derive sociali spiacevoli, ma non credo andrà a toccare i fumetti.

D: Sei stato influenzato da Pulp Magazine come “Amazing Stories”, che hanno prodotto perle della letteratura pulp e hard boiled che sono i cardini di Black Kiss? In che modo hai tradotto questo immaginario nelle tue tavole?

Ero troppo giovane per leggere i romanzi pulp. Il fenomeno è morto un anno prima della mia nascita. Sono nato come lettore di fumetti. Ho letto Edgar Rice Burroghs, Robert Howard e i loro epigoni e mi sono appassionato alla fantascienza.
Sono poi stato criticato per aver scritto un eroe pulp come The Shadow per soldi e non per amore del personaggio, ma francamente gli autori delle critiche possono andare a farsi fottere.

D: Se Black Kiss fosse uscito oggi, tenendo conto dell’evoluzione della società, avresti modificato qualche personaggio?

No. Non cambierei nulla. Sto lavorando a una nuova storia di Black Kiss, uno speciale di Halloween di cui io stesso non conosco ancora i dettagli. Sto approcciando il materiale come ho sempre fatto, non sono interessato ad adattare le mie storie a quello che la società richiede.

D: Hai avuto una vita sessuale attiva e turbolenta come sembra trasparire da Black Kiss?

Direi di no, ho avuto una vita sessuale molto tranquilla. Sono sposato da molto tempo.

D: Sei un ottimista, un pessimista o semplicemente un freddo realista?

Sono un realista romantico. Sospetto di tutti, e la maggior parte delle persone mi è indifferente.

D: Chi avresti in mente come regista per un eventuale adattamento cinematografico di Black Kiss?

John Ford (ride).

D: Hai davvero offerto cinque dollari a chi avesse avuto il coraggio di dare un calcio nel sedere a Will Eisner?

Ho offerto dieci dollari a Joe Kubert, che mi ha risposto che forse l’avrebbe fatto per venti dollari.

D: Com’è cambiato il modo di raccontare da parte dei media? In meglio o in peggio? Il cambiamento è dovuto al fatto che il pubblico è diverso e ha gusti differenti, o al fatto che le major hanno in mano i cordoni della borsa?

Il fandom oggi ha un modo di identificarsi con i propri franchise preferiti che si avvicina a quello dei tifosi con le loro squadre del cuore. Ho molti amici appassionati di sport che lo vivono in maniera molto viscerale. Allo stesso modo i fans di tutto ciò che è narrazione oggi vivono, a mio avviso in maniera non troppo sana, la loro passione.
Si creano gruppi di persone on line che hanno un peso. Si tratta di un fandom tossico, uomini adulti che passano le giornate in internet a lamentarsi della nuova versione di He Man (Masters  of the Universe – Revelation – nda). Seriamente, ma che cazzo ve ne frega della nuova versione dei Masters of The Universe?
Il lavoro che ho fatto negli ultimi anni non è rivolto a nessun tipo di pubblico in particolare. In America sembra che l’unico modo di raccontare storie a fumetti sia attraverso i supereroi e le metafore che rappresentano. Questo è un concetto che personalmente respingo e che mi spaventa.


Vuoi ascoltare il trailer audio di Black Kiss con la voce di una Dagmar d’eccezione? Clicca qui.

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