i poveri sono fessi

Boris Battaglia | Ce ne sarà per tutti |

I poveri sono fessi. Perché sono molti, ma davvero tanti, quasi tutta la popolazione mondiale, più dei ricchi. E invece di ghigliottinarli, i ricchi, e dividersi equamente le loro ricchezze e poi vivere felici , si ammazzano tra loro per questioni da niente (spesso inventate dagli sceneggiatori al servizio dei ricchi) come razza, etnia, casta, religione, genere, inclinazioni sessuali, gusti musicali (e altre mille di queste cazzate ne dimentico). Lasciando che i ricchi, dopo averci diviso, imperino. Votandoli, quando la farsa delle democrazie occidentali lo consente, ed eleggendoli come sindaci, primi ministri, presidenti della reppa e il diavolo che se li porti a tutti quanti.

Nel 1959, Charles De Gaulle era stato eletto Presidente della Repubblica Francese in modo quasi plebiscitario. Non si era trattato però di un’elezione a suffragio universale. A eleggere il Presidente dei francesi era allora un collegio di grandi elettori. Convinto che il suo lungo “regno” dovesse concludersi con il segno dell’approvazione popolare, nel 1962, con un referendum che stravinse, De Gaulle fece modificare la procedura elettiva, trasformandola in un’elezione diretta attraverso il voto dei cittadini.

Così, nelle elezioni presidenziali del 1965, eliminato il piccolo fastidio di Pierre Dac, era convinto di vincere a mani basse già al primo turno. Ma si sbagliava.

Ormai incapace di comprendere il suo paese, e troppo orgoglioso per dare ascolto ai suoi più diretti collaboratori (in poche parole, un vecchio tronfio), non fa la minima campagna elettorale. Vincerà, certo, con buono scarto sul suo diretto contendente François Mitterand, ma al secondo turno. È vero poi che nelle elezioni politiche del giugno 1968, quelle che metteranno fine al movimento del maggio, il partito gollista otterrà la maggioranza all’Assemblea Nazionale, ma in realtà, al di là delle leggende agiografiche, questo successo elettorale fu merito del suo primo ministro Georges Pompidou e del suo ministro delle finanze, Valéry Giscard d’Estaing, che affrontarono la crisi mentre il “re” soggiornava a Baden Baden.

L’anno dopo De Gaulle commette l’ultimo errore di valutazione, trasformando – contro il parere di Pompidou e di Giscard- il referendum sulla riforma del Senato e delle regioni in un voto sulla sua persona. Sconfitto, anche se di misura, lascerà la presidenza del paese il 29 aprile 1969, ritirandosi a vita privata nella sua residenza di Colombey-les-Deux-Eglises, dove il 9 novembre 1970, pochi giorni prima di compiere ottant’anni, morirà per un aneurisma.

La morte del vecchio generale ispirerà a quel geniaccio del Professor Choron un titolo esplosivo e dissacrante con cui fare uscire, contro il parere della redazione intera, il numero di “Hara-Kiri” (che dal febbraio del 1969 è diventato settimanale) di lunedì 16 novembre: Ballo tragico a Colombey. 1 morto.

Il riferimento è crudo, cinico e diretto, e rimanda alle 146 vittime di un incendio che, meno di una settimana prima, aveva devastato una discoteca a Saint-Laurent-du-Pont. Come andarono le cose e quanto costò alla testata questo titolo, te l’ho già raccontato in “Bande a part(e)” e poi non è “Hara-Kiri”, in questo momento, l’oggetto del nostro interesse. A questo punto del racconto stavamo seguendo le tracce  di due personaggi diversissimi i cui percorsi, tra poco più di dieci anni, si intersecheranno: un politico e un comico. Mitterand e Coluche.

Prima di riprendere il filo è però necessario che tu sappia due cose (vedo infatti dalla tua espressione che non hai letto “Bande a part(e)”). La trovata di Choron costerà ad “Hara-Kiri” gravi conseguenze con la censura, che condurranno la testata alla chiusura definitiva, alla quale la banda raccolta attorno a Cavanna e Bernier risponderà con la pubblicazione, esattamente la settimana dopo di un nuovo settimanale: “Charlie Hebdo”. Tienilo presente, perché tra nove anni esatti, in redazione, al 35 di rue de Montholon – dove i ragazzi si sono trasferiti nel ’68 lasciando il 4 di rue Choron – ci incontreremo proprio Coluche.

Durante il 1979, mentre Coluche si aggira – poi vedremo a fare cosa –  nella redazione di “Charlie Hebdo”, François Mitterand attua le ultime manovre che lo porteranno a diventare Presidente della Repubblica. In aprile, al congresso di Metz del Partito Socialista, stringe un’alleanza con Jean-Pierre Chevènement (l’uomo a capo dell’ala più radicale del partito) grazie al cui appoggio nel 1971 aveva ottenuto la segreteria del partito stesso, che nel novembre dell’anno dopo gli servirà per vincere nella corsa alla candidatura alle presidenziali contro Michel Rochard, leader dell’ala riformista del partito.

Dopo il ritiro di De Gaulle dalla scena politica, il 28 aprile 1969, furono tenute nuove elezioni presidenziali, che vennero vinte dal suo vecchio Primo Ministro, Géorges Pompidou. Il nuovo presidente non porta a termine il proprio settennato, perché muore nell’aprile del 1974 a causa di una setticemia. Con le elezioni di maggio diventa presidente Giscard d’Estaing, ministro delle finanze sia di De Gaulle che di Pompidou. A queste elezioni partecipa di nuovo Mitterand, ottenendo al primo turno un 43% contro il 32% di Giscard. Al ballottaggio però vince il secondo, con un risicato 50,8%, grazie all’appoggio di Jacques Chirac. Ma la tela che Mitterand sta tessendo dai tempi del suo scontro contro De Gaulle, sta dando i suoi frutti. Dopo essersi sbarazzato, come abbiamo visto,  dell’unico socialista che poteva sottrargli la candidatura, vincerà le elezioni del 1981 contro lo stesso Giscard. Con la vittoria di Mitterand, ironia! finisce la storia (la prima parte almeno) di “Charlie Hebdo”. La rivista che era nata con la morte di De Gaulle, chiude – per mancanza di abbonamenti (che erano la sua fonte di sostentamento) proprio l’anno che sullo scranno ci sale, (finalmente) dopo quasi venticinque anni di ininterrotto potere delle destre, un socialista. Poi ritorna, la rivista intendo. Ma ci arriviamo con calma, dopo. Adesso torniamo un attimo indietro, al 1979 e vediamo cosa ci faceva Coluche su “Charlie”.

Fotoromanzi.

Sì. Già dalla fine degli anni Sessanta i giovanissimi attori del Cafè de la Gare (te ne ho raccontato su “Bande a part(e)”, ricordi?) di cui Coluche è un membro di spicco, collaborano con “Hara-Kiri” recitando nei fotoromanzi satirici che la rivista pubblica regolarmente. È qualcosa di più di una semplice collaborazione, il rapporto tra questi giovani commedianti che stanno rivoluzionando il teatro francese e la banda di “Hara-Kiri” è una vera e propria filiazione intellettuale e artistica.

È lo stesso Coluche a dichiararlo: “Quelli di Hara-Kiri sono i nostri genitori, e per nostri intendo miei ma anche del pubblico, è lo stesso. Cavanna è nostro padre, Bernier, Reiser, tutti quelli che fanno Hara-Kiri sono nostri padri. È ovvio quindi che noi si abbia questo atteggiamento mentale.”

È naturale che la critica e la lotta al potere nella quale Coluche si radicalizza (alla faccia di quel magliaro – si mi riferisco a Freccero – che come ti ho già detto, gli paragonò una personificazione dell’autoritarismo come Beppe Grillo) lo porti a esprimersi anche sulle pagine della rivista che più di ogni altra rappresenta l’espressione militante dell’antiautoritarismo.

Mentre Mitterand sta dando la sua personale scalata al potere, Coluche tenta di scardinare quel potere mostrandone la struttura e il funzionamento in una serie di fotoromanzi intitolata I poveri sono fessi, in cui il Piccolo Reporter (interpretato da Gerard Lanvin) incontra e intervista svariati personaggi, ogni volta interpretati da Coluche, come ministri, militari, religiosi e perfino Babbo Natale. La struttura è semplicissima, attraverso le domande del Piccolo Reporter e le risposte che gli danno i personaggi intervistati, mostrare come chi detiene il potere e chi controlla i mezzi di comunicazione, considerino i “poveri” dei “fessi” eterodiretti.

È quindi la più coerente delle conseguenze per Coluche, trovarsi di  lì a poco, candidato contro Mitterand, per ottenere il posto di uomo più potente del paese: la presidenza della repubblica.

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